SENTENZA
N. 106
ANNO
2002
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Massimo VARI Giudice
- Riccardo CHIEPPA "
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di
attribuzione sorto a seguito della delibera del Consiglio regionale della
Liguria n. 62 del 15 dicembre 2000 recante "Istituzione del Parlamento
della Liguria", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
ministri, notificato il 5 marzo 2001, depositato in cancelleria il 15
successivo ed iscritto al n. 11 del registro conflitti 2001.
Visto l'atto di costituzione della Regione
Liguria;
udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 2002
il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi l'avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza
per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Luigi Cocchi per la
Regione Liguria.
Ritenuto
in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei
ministri ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione, in riferimento agli
articoli 1, 5, 55, 115 (articolo abrogato dall'art. 9, comma 2, della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 "Modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione") e 121 della Costituzione, avverso la delibera
n. 62 del 15 dicembre 2000 con la quale il Consiglio regionale della Liguria ha
approvato la proposta di istituzione del Parlamento della Liguria. Tale
delibera prevede che in tutti gli atti dell'assemblea regionale, alla dizione
costituzionalmente prevista "Consiglio regionale della Liguria" sia
affiancata la dizione "Parlamento della Liguria".
Secondo il ricorrente il cambiamento
di denominazione dell'organo rappresentativo regionale, sia pure solo in via
aggiuntiva, lederebbe la sfera di attribuzioni statali. Si osserva in proposito
che il nomen iuris degli organi connota tipicamente le funzioni che a
quegli organi sono attribuite, e tale generale principio assumerebbe particolare
pregnanza in riferimento al nome "Parlamento", che, nella storia
costituzionale moderna, identificherebbe l'organo attraverso il quale il popolo
esprime la propria sovranità, partecipando all'esercizio del potere politico.
Sebbene dunque sia teoricamente scorretto attribuire al Parlamento la qualifica
di organo del popolo, aggiunge l'Avvocatura, non potrebbe dubitarsi che nel
sistema costituzionale italiano, che esalta la "centralità" delle
assemblee parlamentari, le due Camere siano gli organi costituzionali nei quali
la volontà popolare più immediatamente ed efficacemente si esprime. La
posizione eminente che esse occupano nella struttura dei poteri statali
rifletterebbe appunto la sovranità popolare che il Parlamento incarna e
rappresenta e precluderebbe l'impiego di tale denominazione con riferimento a
organi della Regione, che sono comunque rappresentativi di poteri di autonomia
e non di poteri sovrani.
Lesivo delle attribuzioni statali
pare alla difesa erariale anche il secondo comma del provvedimento impugnato.
In esso si delibera di assumere i principî contenuti nelle premesse (principî
comprensivi della denominazione di cui si é detto) "quali linee di
indirizzo da trasmettere alla Commissione speciale per lo Statuto e per la
legge elettorale, affinchè quest'ultima possa procedere agli adempimenti
necessari a consentire che gli stessi possano essere compiutamente attuati in
sede di elaborazione del nuovo Statuto regionale". Una simile previsione,
secondo il ricorrente, pur avendo valenza meramente ottativa, lederebbe le
prerogative statali, intendendo preannunciare l'approvazione di un nuovo
statuto regionale che sarebbe diretto a rivendicare alla Regione ambiti di
potere sovrano. Su simili premesse il Presidente del Consiglio dei ministri chiede
alla Corte di dichiarare che non spetta al Consiglio regionale adottare la
delibera oggetto del ricorso, e conseguentemente di annullarla.
2. - Si é costituito, per la Regione
Liguria, il Presidente della Giunta regionale, chiedendo che il ricorso statale
sia dichiarato inammissibile o infondato.
Quanto ai profili di
inammissibilità, si denuncia il difetto di lesività dell'atto impugnato. La
determinazione assunta dal Consiglio regionale, osserva la difesa della
Regione, avrebbe un elevato valore simbolico, ma, in termini di puro diritto,
si risolverebbe in una semplice addizione lessicale alla formula impiegata in
Costituzione, senza che ciò determini una modifica delle competenze e delle
prerogative dell'organo rappresentativo regionale. Non vi sarebbe, dunque,
nell'atto oggetto del conflitto, alcuna capacità invasiva delle attribuzioni
costituzionali dello Stato.
Nel merito, la difesa regionale
contesta l'affermazione secondo la quale l'espressione Parlamento "sia
sintomatica e coessenziale della sovranità dello Stato", replicando che la
sovranità é una caratteristica dello Stato complessivamente considerato, mentre
la denominazione di Parlamento si attaglierebbe ad assemblee rappresentative,
espressive di potere popolare, con funzione legislativa e di controllo politico
sul Governo. Ad avviso della resistente dovrebbe considerarsi infondata anche
la questione relativa al secondo comma della deliberazione impugnata, che
formula indirizzi ai fini della redazione del nuovo statuto, poichè tale
previsione non presenterebbe un contenuto lesivo, essendo priva di valore
giuridico vincolante nei confronti della commissione alla quale é diretta.
3. - Nella pubblica udienza del 12
febbraio 2002 l'Avvocatura dello Stato, oltre a riprendere le argomentazioni
spese nel ricorso, ha soggiunto che le attribuzioni del Consiglio regionale,
per quanto siano state fortemente potenziate dalla revisione del Titolo V,
Parte II, della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),
sarebbero comunque espressione di poteri di autonomia e non potrebbero mai
attingere il livello della sovranità. In tal senso, secondo la difesa del
Presidente del Consiglio dei ministri, con la delibera impugnata la Regione
Liguria si arrogherebbe la titolarità di una sovranità che in nessun modo le
spetta.
Dal canto suo, la difesa della
Regione ha sostenuto che l'impiego del nomen Parlamento nella delibera
oggetto del conflitto - che peraltro
esplicitamente riconosce la spettanza della sovranità allo Stato nella sua
unitarietà - troverebbe giustificazione proprio nella
marcata assimilazione funzionale tra assemblea legislativa statale e assemblea
legislativa regionale alla quale hanno condotto le riforme costituzionali più
recenti, tutte intese al rafforzamento delle istituzioni regionali nella
complessiva organizzazione dello Stato. Particolare significato assumerebbe, in
tale prospettiva, l'attribuzione di una amplissima potestà legislativa alle
Regioni, per effetto del superamento del criterio della enumerazione delle
materie di competenza regionale, cui era originariamente improntato l'art. 117
della Costituzione, e l'accoglimento del principio, concettualmente opposto,
della residualità della competenza legislativa regionale (art. 117, quarto
comma, della Costituzione).
Considerato
in diritto
1. 3/4 Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso
per conflitto di attribuzione, in riferimento agli articoli 1, 5, 55, 115
(articolo abrogato dall'art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3) e 121 della Costituzione avverso la delibera n. 62 del 15 dicembre
2000, con la quale il Consiglio regionale della Liguria, da un lato ha disposto
che in tutti i propri atti la dizione "Consiglio regionale" sia
affiancata da quella di "Parlamento della Liguria"; dall'altro ha
indirizzato alla Commissione statuto la direttiva di tenere conto di tale
denominazione in sede di elaborazione del nuovo statuto regionale.
2. 3/4 Il ricorso deve essere accolto.
Già un approccio puramente
testuale al tema oggetto del conflitto induce a nutrire forti dubbi sulla
conformità a Costituzione della deliberazione impugnata. Il termine "Parlamento",
che apre il Titolo I, Parte II, della Costituzione, si riferisce, ai sensi
dell'art. 55, ai due organi che lo compongono: la Camera dei deputati e il
Senato della Repubblica. L'art. 121 della Costituzione denomina invece
Consiglio regionale l'organo che esercita le potestà legislative attribuite
alla Regione e le altre funzioni che la Costituzione e le leggi gli
conferiscono.
L'argomento letterale, seppure non
privo di valore, non può tuttavia essere considerato decisivo se non viene
saggiato alla luce degli altri canoni della interpretazione costituzionale. Le
stesse parti, del resto, hanno avvertito la necessità di spingersi al di là del
dato testuale allorchè, con opposti intendimenti, hanno addotto elementi
storico-sistematici per corroborarlo ovvero consentirne il superamento.
L'Avvocatura dello Stato insiste sulla distinzione-contrapposizione tra
sovranità popolare, della quale il solo Parlamento sarebbe espressione, e
autonomia; la difesa della Regione, richiamandosi alla posizione di perfetta
equiordinazione che, dopo le recenti riforme costituzionali, si sarebbe ormai
realizzata tra Parlamento e Consigli regionali, ritiene che anche questi
ultimi, da annoverare a pieno titolo tra le assemblee rappresentative, possano,
per analogia, fregiarsi del nome Parlamento.
E' su tali antagonistiche
prospettazioni che questa Corte deve portare il proprio esame.
3. 3/4 La difesa erariale, dunque, nel tentativo di rinvenire, al di
là del dato testuale, una più profonda ragione costituzionale del carattere
esclusivo della denominazione "Parlamento" attribuita alle assemblee
legislative nazionali, pone l'accento sul fatto che siano queste la sede
esclusiva, o anche soltanto preminente, in cui prende forma la sovranità del
popolo.
Si deve in proposito osservare che
il legame Parlamento-sovranità popolare costituisce inconfutabilmente un
portato dei principî democratico-rappresentativi, ma non descrive i termini di
una relazione di identità, sicchè la tesi per la quale, secondo la nostra
Costituzione, nel Parlamento si risolverebbe, in sostanza, la sovranità
popolare, senza che le autonomie territoriali concorrano a plasmarne
l'essenza, non può essere condivisa nella sua assolutezza.
Sebbene il nuovo orizzonte
dell'Europa e il processo di integrazione sovranazionale nel quale l'Italia é
impegnata abbiano agito in profondità sul principio di sovranità, nuovamente
orientandolo ed immettendovi virtualità interpretative non tutte interamente
predicibili, un apparato concettuale largamente consolidato nel nostro diritto
costituzionale consente di procedere, proprio sui temi connessi alla sovranità,
da alcuni punti fermi. L'articolo 1 della Costituzione, nello stabilire, con
formulazione netta e definitiva, che la sovranità "appartiene" al
popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione
costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le forme e i
modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono
nella rappresentanza, ma permeano l'intera intelaiatura costituzionale: si
rifrangono in una molteplicità di situazioni e di istituti ed assumono una
configurazione talmente ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e
la garanzia delle autonomie territoriali. Per quanto riguarda queste ultime,
risale alla Costituente la visione per la quale esse sono a loro volta
partecipi dei percorsi di articolazione e diversificazione del potere politico
strettamente legati, sul piano storico non meno che su quello ideale,
all'affermarsi del principio democratico e della sovranità popolare.
Il nuovo Titolo V - con
l'attribuzione alle Regioni della potestà di determinare la propria forma di
governo, l'elevazione al rango costituzionale del diritto degli enti
territoriali minori di darsi un proprio statuto, la clausola di residualità a
favore delle Regioni, che ne ha potenziato la funzione di produzione
legislativa, il rafforzamento della autonomia finanziaria regionale,
l'abolizione dei controlli statali -
ha disegnato di certo un nuovo modo d'essere del sistema delle autonomie.
Tuttavia i significativi elementi di discontinuità nelle relazioni tra Stato e
Regioni che sono stati in tal modo introdotti non hanno intaccato le idee sulla
democrazia, sulla sovranità popolare e sul principio autonomistico che erano
presenti e attive sin dall'inizio dell'esperienza repubblicana. Semmai potrebbe
dirsi che il nucleo centrale attorno al quale esse ruotavano abbia trovato oggi
una positiva eco nella formulazione del nuovo art. 114 della Costituzione, nel
quale gli enti territoriali autonomi sono collocati al fianco dello Stato come
elementi costitutivi della Repubblica quasi a svelarne, in una formulazione
sintetica, la comune derivazione dal principio democratico e dalla sovranità
popolare.
In conclusione, se non lo si vuole
racchiudere entro uno schema troppo angusto e ormai storicamente inattendibile,
non é il principio di sovranità popolare a poter fondare un'attribuzione
costituzionale all'uso esclusivo della denominazione "Parlamento".
4. 3/4 D'altro canto, non può essere accolta neppure la prospettiva
ricostruttiva in cui si pone la Regione Liguria per superare l'ostacolo recato
dalla lettera della Costituzione. La difesa regionale assume che la sostanziale
parificazione di funzioni, nei rispettivi ambiti di competenza, tra Consiglio
regionale e Parlamento renderebbe legittima l'estensione anche al primo della
denominazione propria del secondo. Questa ricostruzione potrebbe avere una
qualche plausibilità se la denominazione degli organi direttivi della Regione
fosse collocata in uno spazio di indifferenza giuridica; solo allora sarebbe
infatti possibile muovere alla ricerca di una nozione "sostanziale"
di Parlamento, e, confortati dalla indagine storica, annettere una
qualificazione siffatta alle assemblee legislative titolari di una
funzione rappresentativa delle popolazioni governate, dunque anche ai Consigli
regionali.
E' tuttavia di ostacolo alla
utilizzazione dell'argomento analogico la circostanza che la Costituzione ha
inteso pregiudicare questo spazio giuridico. Essa nel Titolo I, Parte II,
attribuisce alle sole Camere il nome Parlamento, e definisce Consiglio
regionale, nell'articolo 121, il titolare della funzione legislativa regionale.
Gli organi direttivi della Regione non sono dunque entità nuove nate negli
ordinamenti regionali in virtù delle modifiche introdotte nel Titolo V della
Costituzione e prive di denominazioni proprie. Ed é vano richiamare profili di
analogia tra Consiglio regionale e Parlamento, che erano evidenti al
Costituente del 1948 - il quale con
l'art. 121 Cost. (e con le corrispondenti norme degli statuti speciali) aveva
nondimeno espresso chiaramente la propria scelta diversificatrice - così come si deve presumere lo siano stati
al legislatore costituzionale del 1999 e del 2001, che pure, proprio nel
momento in cui si accingeva ad un rilevante potenziamento del ruolo delle
autonomie, non ha ritenuto di mutare in "Parlamento" la denominazione
dell'organo legislativo delle Regioni.
Conviene piuttosto individuare gli
elementi che giustifichino la diversa denominazione costituzionale, ed é fin
troppo agevole, in questa prospettiva, rilevare che il termine Parlamento
rifiuta di essere impiegato all'interno di ordinamenti regionali. Ciò non per
il fatto che l'organo al quale esso si riferisce ha carattere rappresentativo
ed é titolare di competenze legislative, ma in quanto solo il Parlamento é sede
della rappresentanza politica nazionale (art. 67 Cost.), la quale imprime alle
sue funzioni una caratterizzazione tipica ed infungibile. In tal senso il nomen
Parlamento non ha un valore puramente lessicale, ma possiede anche una valenza
qualificativa, connotando, con l'organo, la posizione esclusiva che esso occupa
nell'organizzazione costituzionale. Ed é proprio la peculiare forza connotativa
della parola ad impedire ogni sua declinazione intesa a circoscrivere in ambiti
territorialmente più ristretti quella funzione di rappresentanza nazionale che
solo il Parlamento può esprimere e che é ineluttabilmente evocata dall'impiego
del relativo nomen.
5. 3/4 Le considerazioni fin qui svolte consentono di apprezzare nella
pienezza del suo significato il valore deontico degli articoli 55 e 121 della
Costituzione, che si traduce in un vero e proprio divieto per i Consigli
regionali di appropriarsi del nome Parlamento. Ne consegue che la dizione
lessicale integrativa introdotta dalla Regione Liguria, intesa ad estendere
anche al Consiglio regionale ligure il nomen Parlamento, deve ritenersi
illegittima, sicchè il ricorso per conflitto deve essere accolto e la delibera
impugnata annullata anche in riferimento alla sua seconda parte, con la quale
il Consiglio regionale, esorbitando dalle proprie attribuzioni e ledendo quelle
statali, invita la apposita commissione ad inserire nello statuto
regionale in corso di elaborazione una denominazione costituzionalmente non
consentita per l'organo consiliare.
Per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta al Consiglio regionale della
Liguria adottare la delibera n. 62 del 15 dicembre 2000 recante
"Istituzione del Parlamento della Liguria" e conseguentemente la
annulla.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 12
aprile 2002.