di
Tatiana Guarnier
R
icercatrice
di Di
ritto
costituzionale
Università
d
egli Studi di Camerino
Rischi e aporie del procedimento
legislativo a data certa
F O C U S R I F O R M A C O S T I T U Z I O N A L E
2 M A R Z O
2016
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federalismi.it
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Focus Riforma costituzionale
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Rischi e aporie del procedimento
legislativo a data certa
*
di
T
atiana Guarnier
R
icercatrice
di Di
ritto
costituzionale
Università
d
egli Studi di Camerino
S
ommario
:
1.
Ratio
e inquadramento sistem
ico del procedimento legislativo a data certa
;
2.
I
disegni di legge esclusi: alcune vistose mancanze
;
3.
La richiesta governativa
;
4.
L’ipotesi di rifiuto
parlamentare di accogliere la richiesta
;
5.
I tempi del procedimento
;
6.
Il requisito
dell’omogeneità
;
7.
Il decorso infruttuoso del termine: quali conseguenze?
;
8.
Alcune provvisorie
conclusioni
1.
Ratio
e inquadramento sistemico del procedimento legislativo a data certa
Sovente sottolineato, sia nei documenti istituzionali che in dottrin
a [B
runelli 2014; Chinni 2015;
Romboli 2015]
, è lo stretto legame fra la proposta di introduzione del voto a data certa e la
finalità di prevenzione del ricorso eccessivo al decreto
-
legge da parte del Governo. Assumendo,
infatti, che quest’ultima “prassi”,
così come i fenomeni di abuso degli strumenti del Governo
in
Parlamento, siano determinati dalle incertezze e dalle lungaggini del procedimento legislativo [
ma
si condivide qui l’opinione per cui non è tanto in questa sede che vanno ricercate le cause di
tali
abusi, quanto nelle difficoltà del sistema dei partiti e nella mancanza di correttezza istituzionale;
cfr.
Cerrone
2014,
Chinni
2015]
, si è voluto introdurre in Costituzione un istituto che possa
garantire all’Esecutivo la priorità di iscrizione all’o
rdine del giorno e tempi di discussione e
deliberazione parlamentare contenuti entro una data certa, rientrante fra i 70 e gli 85 giorni dalla
presentazione del disegno di legge.
La proposta non è nuova. Se ne può trovare
traccia, sia pur con diversa formulazione, già nella
bozza di revisione costituzionale approvata dalla Commissione Bicamerale del 1997, dove il
procedimento “a data determinata” veniva abbinato all’introduzione del “voto bloccato” alla
francese, ossia alla
previsione per cui, ove la data fissata fosse decorsa infruttuosamente,
l’Esecutivo avrebbe potuto domandare la deliberazione (articolo per articolo e finale) sul testo
*
Il contributo fa parte del focus di
federalismi
sulla Riforma costituzionale, ed è pubblicato previa
approvazione di un Comitato di valutazione, come da regole contenute nella presentazione del focus.
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proposto dal Governo o sugli emendamenti da esso approvati, senza ulteriori possibilit
à di
modifica da parte delle Camere [v.
E. Longo 2014; Azzariti 2014
]
. Analoga combinazione si
poteva rinvenire anche nelle varie proposte di revisione costituzionale che si sono succedute in
questi anni e
–
ciò che in questa sede più conta
–
nel disegno d
i legge di revisione costituzionale
presentato dal Consiglio dei Ministri ed il cui esame è attualmente in corso, dal quale però la
Camera dei deputati, in seconda lettura, ha eliminato l’istituto del voto bloccato.
Può essere importante ricordare l’origin
aria formulazione della disposizione, poiché da essa
emergeva una rilevante finalizzazione del procedimento legislativo a data certa: quella di farsi
mezzo per “blindare” i progetti di legge interessati, ossia di farsi strumento incidente non soltanto
sui
tempi
della discussione e della deliberazione, ma anche sui
contenuti
della legge parlamentare.
Occorre infatti domandarsi quale sia il “destino” di tale ulteriore finalizzazione, poiché se la sua
rimozione si deve alla volontà di escludere una sì forte in
gerenza governativa [
Grisolia 2015]
,
d’altro canto la mancata previsione di conseguenze alternative in caso di decorso infruttuoso del
termine, combinata all’introduzione di una condizione di esperibilità del procedimento prima non
prevista, rischiano di p
rodurre surrettiziamente analoghi effetti. Si fa riferimento, in particolare,
alla clausola secondo cui
il disegno di legge deve essere «indicato come essenziale per l’attuazione
del programma di governo»;
clausola dai labili confini, che, come ha sottolin
eato la dottrina, si
presta ad abusi ancor più della “straordinaria necessità ed urgenza” [A
zzariti 2014]
.
Un primo ordine di problemi sollevati da tale requisito attiene alle reali possibilità del dibattito
parlamentare sul disegno di legge interessato: p
uò la Camera dei deputati modificare un disegno
normativo ritenuto dal Governo
essenziale
per l’attuazione del suo programma? E, dinnanzi
all’ipotesi di una legge che esca stravolta dall’esame parlamentare, ciò non dimostrerebbe
l’esistenza di un dissenso
su uno degli elementi
essenziali
su cui si articola il rapporto di fiducia?
Allora, quali conseguenze immaginare per il verificarsi di tali eventualità?
La mancanza di qualunque indicazione nel testo costituzionale attualmente proposto non aiuta
alla soluz
ione del problema e, anzi, la affida con ogni probabilità al regolamento della Camera (cui
fa espressamente rinvio per la disciplina di «modalità e limiti» del procedimento) ed alla legge
attuativa dei poteri del Governo che sarà necessaria in caso di esit
o positivo della revisione
costituzionale. Tali interventi però, ad opinione di chi scrive, dovranno ritenersi limitati e
vincolati dalla sopra ricordata modifica della disposizione. In particolare, dovrà intendersi
impedita la reintroduzione di ciò che la
revisione costituzionale esplicitamente ha escluso:
l’inemendabilità del disegno legislativo.
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Il silenzio costituzionale, tuttavia, non consente di fare previsioni attendibili circa
l’interpretazione che ne vorrà dare una Camera ove le istanze della maggi
oranza saranno
particolarmente forti
–
se non sovrarappresentate
–
per via della nuova legge elettorale e, dunque,
sarà necessario prendere in considerazione sia la prospettiva qui sostenuta sia quella opposta, con
l’avvertenza che entrambe appaiono proble
matiche: quella qui preferita, perché svuoterebbe
l’istituto di molta della forza che i proponenti intendono imprimergli; quella opposta, perché
avvierebbe alla possibilità di ingerenze governative sul procedimento legislativo decisamente
pericolose
.
2. I
disegni di legge esclusi: alcune vistose mancanze
L’art. 72, comma 7, Cost., nel testo licenziato dal Senato in data 13 ottobre 2015, appare piuttosto
scarno e offre solo
–
come sovente accade nelle disposizioni costituzionali
–
indicazioni essenziali
cir
ca le fasi nelle quali dovrebbe articolarsi. La non sempre felice formulazione della disposizione,
inoltre, apre a diverse problematiche, sulle quali è opportuno riflettere con ponderazione.
Un primo problema attiene ai disegni legislativi per i quali è es
clusa l’esperibilità del
procedimento a data certa. Il comma prevede infatti la possibilità di richiesta per i soli progetti di
legge di competenza monocamerale, con esclusione delle leggi in materia elettorale, di
autorizzazione alla ratifica dei trattati
internazionali, di amnistia ed indulto, di bilancio e di quelle
contenenti le norme fondamentali, i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese
dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Non
figurano invece nell’elenco, a differenza di quanto previsto originariamente, i disegni di
conversione dei decreti
-
legge e i disegni di legge delega.
Quanto ai primi, potrebbe ritenersi superfluo il ricorso all’iscrizione prioritaria, dato che la
cert
ezza del termine e la sua coincidenza con i 70 giorni sono già intrinseche al procedimento di
conversione. D’altro canto, la possibilità che, nella configurazione concreta dell’istituto, vengano
ricondotti al procedimento a data certa effetti che eccedono
la mera dimensione temporale e che
possano tendere verso il “blocco” dei contenuti normativi, non consente di escludere del tutto la
possibilità di un ricorso ad esso anche in sede di conversione. In particolare, l’eventualità che il
procedimento si possa
tradurre in un mezzo per escludere o limitare l’intervento parlamentare sul
disegno di legge di conversione (s
u cui la recente giurisprudenza costituzionale ha chiarito che
l’unico limite è quello dell’omogeneità degli emendamenti)
rischia di tradursi in u
na strada
privilegiata per il Governo, il quale potrebbe così sovrapporsi, se non addirittura sostituirsi, al
Parlamento nell’esercizio della funzione legislativa. Ciò ci pone dinnanzi ad una secca alternativa: